Perché non vedrete mai un Greyhound abbandonato in Irlanda o Inghilterra?
Perché non avrà mai la possibilità di scappare, di correre via, di rifugiarsi in un bosco.
Perché la soppressione (cioè l’uccisione) dei Greyhound è legale in Irlanda, nel Regno Unito e in tutti i paesi dove sono consentite le corse dei Levrieri.
Un allevatore di Greyhound da corsa rischia una multa se abbandona il proprio cane per strada, ma non se lo fa abbattere legalmente da un veterinario con pochi euro e una dose di Tanax.
Sapete cosa significa l’acronimo PTS riferito ai Greyhound, ai cani o ai cavalli da corsa? “Put to Sleep” – un’espressione ipocrita che aiuta la società a lavarsi la coscienza, ma che in parole povere significa “uccidere legalmente” animali registrati come “Animali da Reddito”, ovvero carne da macello.
Perché adottare un Greyhound?
Perché è un Levriero invisibile, un sopravvissuto. Perché non è di moda.
Perché non proviene da una perrera (che si traduce con “canile”, ma che sui social fa più effetto). Perché la massa lo vedrà solo come una foto tra tante, da dimenticare. Eppure quel Greyhound esiste, ha paura e, senza un’adozione, verrà soppresso.
Lilian Lévriers
Mette i brividi la freddezza e l’indifferenza con cui questi cani vengono sistematicamente soppressi per poi diventare semplici numeri in una statistica.
L’ente corse classifica i Greyhound in tre categorie:
- Those who failed to produce qualifying times
(quelli che non hanno ottenuto tempi di qualificazione); - Failure to produce desired entry-level time
(quelli che non hanno raggiunto un tempo di ingresso accettabile); - Unacceptable decline in performance
(quelli il cui calo di prestazioni è considerato inaccettabile).
Numeri. Dati. Costi e guadagni su cui si decide la loro sorte.
E poi ci sono quelli che non valgono nemmeno una riga in un foglio Excel:
i “non contabilizzati“, i “fantasmi“, quelli semplicemente scomparsi nel nulla.
Agghiacciante
Le autorità sanno benissimo cosa accade: il Greyhound racing è gestito direttamente dal Ministero dell’Agricoltura irlandese, che non solo non lo vieta, ma lo finanzia attraverso l’ente corse GRI, una sua diretta emanazione. Ogni anno, lo stato irlandese versa 20 milioni di euro (19.820.000 nel 2025) per mantenere in vita un’industria che da oltre vent’anni non si regge sulle proprie gambe.
In Irlanda esistono parlamentari che si battono per abolire questi finanziamenti e vietare il Greyhound racing, ma un governo difficilmente si assumerà la responsabilità di lasciare senza lavoro 10.000 persone dall’oggi al domani.
Inoltre, i veri profitti non li fanno gli allevatori o i cinodromi, ma le agenzie di scommesse. Finché esisterà domanda, esisterà anche il business. Già oggi il Greyhound racing si sta spostando dai circuiti ufficiali gestiti dagli enti corse (GRI in Irlanda e GBGB nel Regno Unito) alle flapping tracks, piste private senza pubblico, senza controlli e senza alcuna tutela per i cani.
In queste piste si corrono gare continue, trasmesse esclusivamente nelle sale scommesse, con l’unico scopo di spingere gli scommettitori a puntare denaro per tutto il pomeriggio.
Forse la soluzione sarebbe quella adottata in Italia: vietare le scommesse da remoto e consentirle solo nei cinodromi. Così il giro d’affari crollerebbe drasticamente, il Greyhound racing si troverebbe esposto e continuerebbe a seguire la sua parabola discendente.
Del resto, il declino è già iniziato: negli ultimi anni la partecipazione del pubblico ai cinodromi tradizionali è precipitata, e molte strutture hanno chiuso, soprattutto nel Regno Unito.