Spesso si sente dire che i cani sono antidepressivi naturali, che allontanano ansia, stress e disturbi relazionali: essi costituiscono una preziosa risorsa per tante persone, grandi e piccole, perchè con la loro presenza allontanano la solitudine ed i pensieri negativi, regalandoci serenità e spensieratezza, una vera boccata d’aria nel nostro quotidiano non sempre soddisfacente.
A questo proposito, vogliamo raccontarvi la storia di Jasper e Sara, galgos españoles adottati da Maura e Massimo, lei medico, lui psicologo, entrambi psicoterapeuti e formatori che lavorano da casa, offrendo a chi ne ha bisogno sedute di psicoterapia individuale, di coppia o di gruppo secondo un approccio integrato, con attivazione mentale e corporea.
Jasper e Sara, che vivono il quotidiano a stretto contatto coi loro adottanti condividendo ogni momento della giornata, sono spesso parte integrante del loro lavoro.
Mamma Maura racconta:
“Jasper e Sara sono sempre presenti durante il lavoro terapeutico, ogni tanto si avvicinano spontaneamente ai pazienti quasi scegliendo i momenti giusti per farlo, ma non sono addestrati alla Pet Therapy.
Finora nessuno dei nostri pazienti ha preferito che non fossero presenti, anzi.
Una volta, uno dei tirocinanti laureandi in psicologia ha voluto approfittare della loro presenza per superare la paura dei cani.
E ce l’ha fatta.
Jasper lo temeva un po’ perché era un ragazzo corpulento ma, alla fine del semestre, i due si salutavano affettuosamente.
Jasper e Sara si rapportano con le persone in modo molto naturale: si avvicinano ai pazienti non solo quando li accolgono, ma anche in certi momenti empaticamente significativi.
Noi non gli abbiamo insegnato nulla, loro hanno un senso del gruppo molto spiccato e creano legame fra i presenti.
Non saprei spiegare meglio.
Quando agiscono avvicinandosi alle persone, capiamo che stanno percependo qualcosa di importante, come se i pazienti avessero bisogno di averli accanto.
Non lo fanno sempre e con tutti, secondo noi ci segnalano quando la persona ha un’apertura emotiva e necessiterebbe del loro contatto per farsi coraggio e lasciarsi andare.
Tutto avviene in modo così delicato ed attento.
All’inizio pensavamo che qualcuno potesse essere turbato dalla loro presenza: chiediamo sempre ai pazienti se sono a loro agio o se preferiscono che li allontaniamo, ma nessuno ha mai voluto che lo facessimo.”
Il primo psicoterapeuta che intuì la bontà della presenza di un cane durante le sedute curative fu lo stesso Freud: conscio del benessere che la sua cagnolina Jofi ( nome di origine ebraica che significa “ che fa bene “ ) gli procurava, decise di farla presenziare ai suoi incontri coi pazienti, perchè seppur senza fare nulla di particolare lei riusciva a rasserenare le persone, soprattutto i bambini.
Quando era tutto tranquillo, Jofi si sdraiava vicino ai pazienti, se invece qualcosa non andava si metteva all’altro lato della stanza: Freud riusciva così ad avere anticipatamente una valutazione dello stato emotivo del paziente, che in effetti poi si rivelava essere teso ed ansioso.
Jofi era un esemplare di razza Chow Chow e fu regalata nel 1930 al padre della psicoanalisi da una sua illustre paziente, la principessa Maria Bonaparte, pronipote di Napoleone.
Il figlio di Freud raccontava il rapporto speciale che univa suo padre a questa cagnolina, facendo spesso riferimento ad un simpatico aneddoto: quando Jofi, presente in seduta psicoterapeutica, sbadigliava, si alzava e lasciava la stanza era segno inconfutabile che i 45 minuti dell’incontro erano passati e Freud si accomiatava dal paziente senza bisogno di consultare l’orologio perchè era proprio così, il tempo era davvero scaduto.