Tu non eri per noi
La nostra storia con Jasper
La nostra storia con Jasper
Se mai decidessimo di adottare, sarebbe troppo difficile fare una scelta!
Un giorno del 2016, stava finendo settembre, per l’ennesima volta scorriamo le foto, il primo ottobre sarebbero arrivati alla Fata Verde un bel po’ di Levrieri. C’erano tre fratelli, due maschi e una femmina, Jasper, Eduard e Alice. Mamma Esme era stata adottata qualche mese prima.
Tu sembravi guardare dalla tua foto, in attesa.
Di certo il tuo sguardo curioso si rivolgeva a qualcuna di quelle persone buone che ti avevano salvato, ma io sentivo qualcosa nel mio cuore, io sentivo che aspettavi me, noi. Non mi era mai successa una cosa simile, sentire un richiamo così intenso da una foto. Ma tu non eri per noi, eri già stato prenotato, e noi, in fondo, non pensavamo a prendere un cane: avevamo appena cambiato casa e ci stavamo ambientando, un cane voleva dire scombussolare tutto.
Chissà cosa mi passa per la testa, decido di telefonare “per chiedere informazioni”.
La voce che mi risponde (Alessandra, Serena?), sono così agitata che, se anche mi avesse detto il suo nome, non lo ricordo. Forse quella voce sente la mia trepidazione, la mia commozione e, anche se io spiego di volere solo informazioni, passa subito all’aspetto pratico:
Guardiamo ansiosi i tuoi fratelli e sorelle che scendono dal furgone una tenerezza infinita, aspettando di vederti, tu e la tua zampa bianca. Quando scendi accade una cosa strana, tante voci che dicono: “Ma è Jasper!”.Poi arrivi da noi, arriva anche mamma Esme con Anna, è il nostro primo abbraccio. Non hai paura, ti guardi solo intorno, curioso. “E’ un cane curioso, questo gli farà vincere la paura.”, dirà il veterinario alla tua prima visita. Non hai paura di lui, né della Clinica, sentiamo di aver scelto bene per te e abbiamo tanto bisogno di sentire che facciamo buone scelte per te, continueremo ad averlo a lungo, ancora oggi c’è un po’ di timore di non fare abbastanza.
Però sei magro, dovrai prendere peso e ne prenderai
in tre mesi recuperi ben otto chili. Ora sei nel pieno del tuo splendore e sei pieno di energia. Quel primo giorno ci hai seguito fiducioso, in pochi giorni eravamo così legati che nessuna difficoltà ci avrebbe divisi. Non sei mai stato un cane difficile, sei educato, non rubi, non salti su letti e divani, non chiedi cibo mentre noi mangiamo. È vivere in una città caotica e con pochi spazi per umani e non umani che è difficile, e ce ne siamo resi conto con te ancora più di prima, con rabbia e dispiacere. Tu volevi solo un po’ più di spazio fra te e gli sconosciuti e non ce l’avevi e io soffrivo nel vederti soffrire. Questo è stato l’unico problema con te.
Tu Jasper non lo sai, ma questo è il primo gesto di apprendimento del gioco relazionale nel bambino, è un movimento che richiede una finezza emotiva e cognitiva speciale: tu non volevi che io facessi giocare te, tu volevi che Noi giocassimo insieme. Non è la prima volta che riconosco la grandezza di un animale, ma è la prima che vedo di che cosa è intessuta.Ti amiamo, impariamo insieme a te.
Abbiamo lavorato tanto sulla fiducia, ma tu ci hai donato pienamente la tua.
E ci fai capire, ogni giorno, quanto senso di responsabilità ci voglia per aver cura di un animale. Oggi sei diventato un po’ il nostro compagno di lavoro: da cagnone, che dorme nella sua cuccia vicino a noi, a pet terapeuta che si alza e va a cercare il contatto con la persona che, in quel momento, si sente in difficoltà. Questo per noi è il segno che la tua serenità ti permette di vivere la tua naturale capacità di provare compassione anche per noi umani. Grazie Jasper, grazie a chi ti ha salvato permettendo il nostro incontro. Nulla accade per caso. Alla fine, tu eri per noi e noi eravamo per te.
Erano mesi che seguivamo le terribili notizie sui maltrattamenti dei Levrieri. Terribile pensare quanto estese sono queste pratiche. Sì, il sadismo contro gli animali, così come quello contro altri esseri inermi, umani e non, c’è sempre stato. Il sadico è sempre un vile, perché è un disgraziato che non ha saputo o potuto ribellarsi a qualcosa o qualcuno che lo ha reso ciò che è. Ma quello contro questi cani ha una portata sociale enorme e ha una diffusione planetaria. Seguendo questa pista insanguinata e col cuore sempre più stretto, capitammo sul sito di SOS Levrieri: non c’era sensazionalismo come altrove, ma un progetto concreto. SOS Levrieri trasmetteva l’idea che l’orrore era infinito, ma qualcosa, passo passo, si poteva fare e loro lo stavano facendo. E questo era ed è una speranza, qualcosa che in parte può lenire il dolore.
Io pensavo: Salvarne almeno uno, almeno uno!…
Intanto seguivamo le foto dei Levrieri in adozione. Ogni arrivo diventava l’attesa di veder scritto: adottato. E non c’era mai “un preferito”, anzi, ci chiedevamo: “Ma come si fa a sceglierne uno, sono tutti degni di amore e rispetto e tutti trasmettono una bellezza che non è solo data dalla loro bellezza esteriore.
Mi dispiace, ne è rimasto solo uno in adozione!
Cosa mi passa per la testa? Io voglio solo un’informazione! Ma non resisto: “Come si chiama il cane?”
“Si chiama Jasper”, risponde la voce.
In un attimo tutto corre a folle velocità, grido a Massimo, che si trovava al lato opposto della casa, che Jasper era ancora adottabile, lui non capisce, non sapeva nemmeno che ero al telefono con SOS Levrieri e casca dalle nuvole, arriva trafelato e con l’aria interrogativa. La voce al telefono mi dice che non sa se si potrà organizzare l’adozione per il fine settimana, perché prima una volontaria deve verificare l’idoneità nostra e della casa e c’è poco tempo. Mi invita comunque a inviare la domanda compilando il modulo. Dopo pochi giorni, e in tempo per l’arrivo, viene a trovarci Ilaria. Si guarda intorno, facciamo un po’ di discorsi sulle difficoltà insite nell’impegno, ci salutiamo con molta speranza. Da lì in poi, siamo colti dalla sensazione di vivere in uno strano sogno e, nel giro di pochi giorni, la nostra vita sarebbe cambiata, tutto avrebbe cominciato a ruotare intorno a te.
Ancora un po’ intontiti e commossi, il sabato primo ottobre ci ritroviamo su quel prato,
tutti i Levrieri portati ad accogliere quelli in arrivo composti e silenziosi anche quando giocano, solo i fratellini di altre razze fanno rumore.
Ora, quando ti vediamo andare sicuro incontro a sconosciuti, annusandoli e accettandone le coccole, il mio cuore si fa leggero. Sei obbediente, torni al richiamo. Quando ti fai prendere dalla foga della corsa con altri cani e metti in atto certe astuzie (era per queste che ti teneva il galguero?), possiamo regolare la tua foga richiamandoti e tu ti fermi, ti volti e ci guardi come a chiedere che cosa devi fare. Corri come il vento, ma torni sempre vicino, cerchi il contatto, vuoi sentire le nostre mani su di te.
Come il rito del mattino prima di uscire dalla cuccia: stiracchiarsi mentre le nostre quattro mani ti massaggiano.
E quanto impari dai tuoi amici! Se fanno qualcosa di particolare, li segui attento e poi ti rivolgi a noi come a chiedere se puoi anche tu. Oggi giocavi col tuo amico lupo rescue, inseguivate e catturavate un unico legno, due amici che giocavano a tirarlo, uno per parte. Niente più caccia o gare, solo due amici che giocano. Niente corse per forza, solo quando vuoi tu. Ti abbiamo insegnato che potevi giocare coi tuoi giochi mettendoci a quattro zampe. I primi giorni avevi timore di usarli, come temessi una punizione. Oggi hai preso la pallina e la tenevi sulle zampe. Io ero in ginocchio davanti a te, a un passo.
Hai dato un piccolo colpo col naso,
l’hai fatta arrivare davanti a me. Credevo fosse un caso e, per caso, l’ho spinta dolcemente verso di te. Tu hai ripetuto il gesto altrettanto dolcemente. Abbiamo continuato ancora e ancora, sempre questo piccolo movimento fra noi.